Quanto dura una psicoterapia? È una domanda importante che spesso mette in difficoltà, proprio perché è una domanda che tutti si fanno. L’ho chiesto da paziente al mio terapeuta e la ricevo tutte le volte che inizio un nuovo percorso con un nuovo paziente.
La cattiva notizia è che non esiste una risposta precisa, la buona notizia è che esiste una risposta. In questo articolo rispondo alla domanda che in molti si fanno, ovvero quanto dura un percorso terapeutico.
Quanto dura una psicoterapia
Ogni volta che instauriamo una relazione, non sappiamo quando finirà. La psicoterapia è di per sé una relazione e, in quanto tale, non sappiamo quando finirà. Questa risposta è vera, ma ogni volta che lo dico, come ora che lo scrivo, mi accorgo che manca un pezzo. Una paziente qualche settimana fa mi ha chiesto esplicitamente quanto sarebbe durata la psicoterapia. Era il terzo incontro, un venerdì mattina di fresco sole primaverile. Qui di seguito riporto un estratto della seduta.
Davide, ho bisogno però di sapere una cosa…Quanto durerà la psicoterapia?
Me lo chiede così, stringendosi tra le spalle, con un sorriso sul volto…come quando chiedi qualcosa che in cuor tuo ti imbarazza un po’.
Respiro, non esploro l’imbarazzo e decido di seguire le mie sensazioni.
È impossibile sai per me risponderti precisamene con una data di termine. Quello che ti posso dire, però, è che a un certo punto non ne sentirai più il bisogno, e sarai libera di andare, sempre. Nulla ti trattiene qui, in un luogo che di per sé dev’essere buono per te.
Mi ascolta, e sento di voler aggiungere un pezzo.
Che effetto ti fa?
Sapevo che mi avresti risposto così. È che mi aiuterebbe sapere quando finirà, più o meno.
Potrei risponderti in mille modi: a volte un mese, a volte non parte, a volte un anno, a volte anni, a volte tutta la vita. Ma non credo ti basterebbe. Per quello che ho imparato, la psicoterapia è soprattutto relazione ed emozione. Quando siamo all’inizio di una relazione, non possiamo sapere quando finirà. Così come quando decidi di iniziare. Mica lo sai, quando inizierai…semmai sai che prima o poi arriverà quel momento. E quel momento arriva perché te ne accorgi. Ma non ti puoi accorgere di qualcosa che ancora non c’è.
Silenzio. Abbassa gli occhi. È in questo momento fatto anche di mistero che emerge un dettaglio della risposta. Allontanandomi da ciò che so in generale e avvicinandomi di più a ciò che sento in quel momento con lei, emerge la risposta che probabilmente risponde a molte domande in più rispetto a quella esplicitata, momento fondamentale per il nostro percorso.
…e poi, Giovanna, ti voglio dire questo: non posso dirti quanto dura la terapia, perché non sei rotta e non c’è nulla da aggiustare.
Nonostante la seduta sia disturbata dai pixel di uno schermo in quel momento i suoi occhi si illuminano, lasciando spazio a un pianto che sa di liberatorio.
Cosa succede?
È quello che hai detto…che non sono rotta. È che a volte mi sento così.
La seduta procede esplorando questo suo sentire, e una curiosità importante apre in realtà un varco nella nostra relazione da attraversare con delicatezza e pienezza, senza giudizi. Un varco all’interno del quale bisogni, obiettivi, sogni, desideri, emozioni, rimorsi, amore, odio tracceranno la via. O la vita.
Il terapeuta dà risposte
È questo il processo della Gestalt: entrare in relazione, seguire le sensazioni e incontrare l’altro a metà strada. Le risposte così emergono nel qui e ora della seduta, specifiche e personalizzate. Ma per arrivare a ciò, il terapeuta deve conoscere profondamente il suo paziente. Le risposte a ogni domanda non le pesco in manuali o libri, ma nel qui e ora dell’incontro, di fronte alla persona che incontro e che per un’ora, settimana dopo settimana, mese dopo mese, si accomoda sulla poltroncina a un metro da me. Giovanna, Veronica, Michele, Sandro, sono tutti nomi di fantasia di persone reali. Le risposte alle loro domande devono essere le risposte che ognuno di loro sta cercando. La teoria è fondamentale perché se ne sta sullo sfondo, ma il punto fondamentale per quello che mi riguarda non è insegnare qualcosa dall’alto; il nodo è incontrare l’altro con empatia, rimanendo presente ai sensi, concentrato, appassionato e spontaneo.
Questione di atteggiamento
“Non c’è niente da aggiustare, perché non c’è niente di rotto.”
Questa frase detta a qualcun altro non avrebbe avuto lo stesso effetto. Questa frase detta a Giovanna ha rivelato tutto un mondo dentro. Quella risposta è stata terapeutica perché nata nell’incontro tra me, ciò che so di lei, lei e ciò che sa di me. È una risposta che è nata nel noi, e in quel noi risiede la via della cura. In sintesi, le risposte non emergono dalla teoria, ma da una questione di atteggiamento… ma questa è un’altra storia. Appuntamento al prossimo articolo!
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